di Alfredo Franchini
La musica dell’anno Mille, scritta con note quadrate su una sorta di pentagramma, risuona nell’ultimo disco di Angelo Branduardi, “Il cammino dell’anima”, tratto dall’opera originale di Hildegard Von Bingen, la monaca tedesca che è stata un medico, una scienziata, una musicista e una femminista durante il Medio Evo, tanto da diventare poi uno dei punti di riferimento del Movimento delle donne negli anni Settanta del Novecento. Se è vero che ci sono solo due tipi di musica, una fatta per pregare e l’altra per ballare, non ci sono dubbi che qui si celebra la liturgia della spiritualità: “La musica è una visione astratta”, sostiene Branduardi, “e per questo è vicina all’Assoluto”; così per l’autore della Fiera dell’est comporre la lunga suite, i nove brani che compongono l’album, è stato un passo ineluttabile. I testi, tradotti dal latino nella maniera più filologica possibile, ci mettono di fronte a una rappresentazione teatrale introdotta dal coro dei Profeti, cui presta la voce Cristiano De André, seguita dalla discussione tra la Virtù e il diavolo i quali hanno in palio la salvezza dell’anima. La musica dell’anno mille – assicura Branduardi – era bellissima ma presentava un grande problema: mancava l’armonia, era musica “verticale”, priva di quegli accordi che l’autore della Fiera dell’est ha voluto inserire per rendere divulgativa l’opera di Hildegard. La suite si apre con un Preludio che, in realtà, è un’elaborazione del coro della Basilica Ortodossa di Mosca: Branduardi ha alterato le tonalità e ha aggiunto una serie di effetti, un po’ alla Stockhausen. Mosca non c’entra con Hildegard ma Branduardi ha voluto creare con la musica ortodossa che lui predilige la perfetta atmosfera per dare il là all’amico Cristiano De André il quale apre il disco. Un incontro importante tra due polistrumentisti, entrambi diplomati in violino al Paganini di Genova, tutti e due, sia pure con interessi diversi, sempre alla ricerca di nuove profondità musicali. Il nuovo disco del menestrello autore di pagine entrate nella memoria collettiva è un viaggio, un viatico per la spiritualità. Un lungo racconto che ha per obiettivo l’arrivo di sconfiggere il male da parte della virtù e il cammino passa anche per due brani strumentali; nell’album compaiono chitarre acustiche, classiche, elettriche e persino una resofonica; poi basso, batteria, fisarmonica e i fiati ma anche strumenti antichi come la viella, antenato della viola e il traversiere. Infine, un’orchestra con tanti violini, viole, violoncelli e contrabbassi. È proprio la grande orchestra che conclude “L’estasi”, una sorta di inno alla gioia per esaltare la “madre dolcissima”, la donna creatrice, capace di sconfiggere il serpente. Hildegard Von Bisten fu una monaca atipica: con la Chiesa dell’anno Mille in grave difficoltà ebbe la capacità di confrontarsi con imperatori e Papi; in uno dei secoli più bui per le donne ebbe il coraggio di far togliere il velo alle suore. Passione e spiritualità vennero riconosciute da tutti e quando morì, a ottant’anni, iniziò il processo di canonizzazione che s’interruppe subito perché considerata dai vertici ecclesiali una donna “strana”, da mettere al rogo per molti. Ci vollero mille anni perché la Chiesa le riconoscesse i meriti: fu Joseph Ratzinger a proclamarla santa e nominarla Padre della chiesa, titolo che nella storia è andato solo ad altre tre donne. Per Hildegard l’anima è sinfonica e la musica non avrebbe bisogno di parole perché legata alla religione; un concetto caro a Branduardi che qualche anno fa dedicò un concept album a San Francesco. Dal 16 ottobre, il Cammino dell’anima sarà portato in un tour che partirà da Zurigo e attraverserà Svizzera, Belgio, Austria e Germania per arrivare in Italia. In programma nel prossimo anno la pubblicazione di un cofanetto con tre dischi in vinile: Futuro antico 1, L’infinitamente piccole e l’ultimo lavoro. Tre dischi legati alla spiritualità e a una visione dolorosa: “L’ispirazione”, dice Branduardi, “parte sempre da uno stato di sofferenza per arrivare alla creazione”. E rivela che lui, diplomato in violino con dieci anni di studio alle spalle ma in realtà polistrumentista, quando compone non usa mai uno strumento per evitare il rischio di limitarsi o adoperare armonie superflue. “Scrivo i suoni che ho in testa e li metto da parte e solo dopo un po’ di tempo, comincio ad armonizzarli”. Forse per questo, per scrivere Il cammino dell’anima, Branduardi, dopo aver letto “Ordo virtutum”, l’opera originaria, ha impiegato un anno per la stesura delle partiture e altri tre mesi per le registrazioni. Il futuro antico ricomincia da qui.
Pubblicato su Extra Music Magazin, 16 Ottobre 2019