Deandreide

Un sogno che continua

Sogno e realtà sono il filo rosso che unisce molte canzoni di De André. Fu un sogno, fu un sogno ma non durò poco e ancora continua. E questa pagina, creata un anno fa a supporto di  “Questi i sogni che non fanno svegliare”, il libro incentrato sulla Storia di un impiegato diventata opera rock di Cristiano De André, ora vuole entrare nello specifico delle tematiche della canzone d’autore. Ci è sembrato naturale ripartire dal tema del sogno così caro a De André, il quale nel 1958, a diciotto anni scriveva il suo primo pezzo per puro divertimento ma già metteva le cose in chiaro: “Tu mi hai insegnato il sogno, io voglio la realtà”, cantava in Nuvole barocche. Fabrizio era un novelliere, raccontava storie spesso attinte dalla realtà o dalle persone che incontrava. Straordinari romanzi in musica dai quali sin dall’inizio affiora la dialettica tra simbolismo e allegorismo. Il sogno ricorre in maniera importante in tanti album. Nella Buona novella è l’angelo che scende ad annunciare la strana preghiera dove forse era sogno ma sonno non era: “Lo chiameranno figlio di Dio, parole confuse nella mie mente, svanite in un sogno, ma impresse nel ventre”. E ancora, sempre nell’album sui Vangeli apocrifi, troviamo “voci di strada rumori di gente/ mi rubarono al sogno per ridarmi al presente”. Sarebbe lungo stilare un elenco puntuale, ci limitiamo ad altre poche significative citazioni. In Storia di un impiegato il sogno è un pretesto letterario a cui Fabrizio ricorre in buona parte del disco; uno dei momenti più importanti lo viviamo quando l’aspirante terrorista sente la voce del giudice che gli dice: “Tu sei il potere? Vuoi essere giudicato? Vuoi essere assolto o condannato”? E poco più avanti nella mirabolante Canzone del padre, il bombarolo risponderà all’inquirente: “Ora aspettami fuori dal sogno/ ci vedremo davvero/ io ricomincio da capo”. Canzoni con grandi variazioni di stili, di generi, commistione pura: tragedia, commedia, elegia, satira e spesso tutto viaggia sul sogno.

“Non al denaro, non all’amore, né al cielo” è ambientato in un cimitero di collina dove un manipolo di defunti ci raccontano che cosa sono state le loro vite, senza fingimenti perché – come diceva Totò – la morte è una cosa seria; è venuta meno la competitività che in vita spinge spesso le persone a mascherarsi. È una traversata onirica quella del giudice, del blasfemo, del medico, del malato di cuore, del chimico, del matto, l’ottico e anche del suonatore Jones che ci sembra di sentirlo dire al mercante di liquore: “Tu che lo vendi, cosa ti compri di migliore”? Un sogno tanto diverso da quello del bambino sopravvissuto alla strage, davvero reale, del Sand Creek: “Chiesi a mio nonno è solo un sogno? Mio nonno disse sì”. Ma il risveglio in un campo dove il bambino ha davanti solo cani e fumo e tende capovolte è brusco: “Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso”. Perfetta sintesi poetica. C’è una dimensione onirica nelle Nuvole che vanno, vengono e sembra che ti guardino con malocchio come nel Mégu megùn, una sorta di Oblomov genovese, che se ne sta rintanato per evitare i guai di chi va a prendere aria fuori casa; e in quel cuoco che deve trasformare un banale pezzo di carne in una prelibatezza scacciandolo “i diavoli” dalla pentola. E che dire di quel sognatore per eccellenza che è l’innamorato della moglie di Anselmo che, ignorando il dramma dell’alluvione che sta uccidendo Genova, pensa al suo amore che non c’è stato ma così splendido e vero che ci può pure ingannare. Si potrebbe continuare, magari allargando il campo alle partiture musicali… penso a quella coda strumentale di Smisurata preghiera. Il brano ha passaggi armonici inusuali per Fabrizio ma la Coda, elaborata da Piero Milesi su accordi semplici creati dallo stesso Fabrizio ci riporta a modulazioni oniriche, un sogno cupo e forse premonitore. Questa nostra pagina riparte da qui con un dilemma che Cristiano De André ha ben rappresentato nella sua canzone Vivere: “Sarebbe stato meglio vivere con le certezze degli illusi o con le bellezze dei sognatori”? (a.f.)

Pubblicato sulla pagina Facebook intitolata Questi i sogni che non fanno svegliare